Carissimi compagni di Corso,

siamo ormai in primavera. Val la pena, quindi, parlare di uno dei brani musicali, un balletto per la precisione, più famosi al mondo ovvero “ La Sagra della Primavera “ composta da Igor Straviskij e definita da alcuni “ la Nona Sinfonia del XX secolo”. Indirizzo questo mio lavoro non solo a voi ma, con il vostro permesso, anche ai vostri nipoti di una certa età, s’intende. Potrebbero essere interessati qualora non ne fossero già a conoscenza. Rammento con cautela che c’è sempre il “ delete “.

Un caro saluto a tutti

pippi campa

La Sagra della Primavera di Igor Stravinskij

Maurizio Bottoni: Grande interno di bosco (olio su tavola)

 

Agli inizi del secolo scorso la danza d’arte ovvero il balletto romantico, abbandonando gli antichi stereotipi, subì un radicale rinnovamento. La musica nuova del compositore russo Igor Stravinskij, strutturalmente più complessa e, successivamente, quella rivoluzionaria di Bela Bartok, la musica dodecafonica e la post-seriale, imposero una riforma della danza che trovò i suoi antesignani nella celebre danzatrice americana Isadora Duncan e nell’impresario e direttore artistico russo Sergej de Diaghilev. La  Duncan, rivoluzionaria ed invasata, abbandona il linguaggio classico- accademico a favore di una danza libera basata su una

 Movimenti di danza accademica   Foto di Isadora Duncan

Movimenti di danza libera.

Isadora Duncan, rifiutando il codice della danza accademica, restituisce al corpo del ballerino la libertà dei movimenti naturali

Concezione originaria primitiva, spontanea e diretta. Tali impulsi, pervasi in modo direi assoluto, di libertà creativa ed espressiva vennero disciplinati ed incanalati su percorsi molto precisi da Diaghilev, il vero grande fautore di una riforma di carattere essenzialmente estetico sotto l’etichetta dei Balletti Russi. Le nuove idee estetiche erano in linea con il riaffiorare degli interessi del pubblico verso due parametri: il folklore nazionalistico e le antiche civiltà come, ad esempio, quelle africane. Per il primo parametro in campo musicale si trovano esempi nell’opera “ Il Principe Igor” di Alexander Borodin, nella Suite Sinfonica “Sheherazade” di Nikolaj Rimskij Korsakov, nel balletto “L’Oiseau de feu “ ( L’uccello di fuoco ) di Stravinskij, nel balletto El sombrero de tres picos “ ( Il cappello a tre punte ) dello spagnolo Manuel de Falla ecc..Per il secondo parametro è fondamentale notare come in quegli anni la città di Parigi, capitale non solo della Francia ma anche del sapere europeo, divenisse il luogo privilegiato dell’irrompere impetuoso dell’Africa nella cultura occidentale.

Danza rituale della tribù dei Dogon Costa d’ Avorio: maschera Sakrobundu

Le sculture negre del Camerum,  del Congo, della Costa d’Avorio, ecc. ebbero a scatenare la fantasia di vari pittori fra cui in modo particolare quella di Pablo Picasso, il quale con il famosissimo dipinto “ Les Demoiselles d’Avignon”, oggi conservato al Museo d’Arte Moderna di New York, segnò una inesorabile linea di demarcazione fra l’antico e il nuovo scolpendo  a caratteri di fuoco il concetto che “ il quadro è un’opera in sé, che vale per se stessa e non per i confronti che si possono fare con il vero .

Zaire: maschera Kifwebe Pablo Picasso: Les Demoiselles d’Av

Nel contempo il segreto mondo degli istinti con le sue radici spirituali-religiose nel tabù, viene assorbito e analizzato dalla psicologia del profondo e dalla psicoanalisi. Diaghilev, molto attento a tali fenomeni, operò un rinnovamento “coreutico”, teso, cioè,  verso una cultura in cui trovano posto arti figurative, letteratura, musica e tecnica di danza. Sotto tale luce vanno visti i contributi di valore eccezionale dati, ad esempio, da  Picasso, Kandisky e Balanchine alle musiche di Stravinskij, di Sergej Prokofiev e di Maurice Ravel. Più tardi, dopo Diaghilev, sarà il direttore artistico Milloss a coniugare, ad esempio, in Italia le opere musicali di Casella, Dallapiccola e Petrassi con gli interventi figurativi di  De Chirico, Casorati, De Pisis e Guttuso. Un altro aspetto significativo della riforma riguarda la durata della danza: i balletti lunghi ed interminabili cedono il posto a balletti brevi, espressivi e densi di significato. In tale contesto va collocata la composizione da parte di Stravinskij de “ Le Sacre du printemps” – La Sagra della Primavera-, opera ormai mitica e fra le più celebrate di tutta la moderna letteratura musicale. Fu composta, su precisa sollecitazione di Diaghilev, dal 1911 al 1913 mentre Stravinskij soggiornava alla pensione Les Tilleuls ( I Tigli) a Clarens in Svizzera, in un piccolo studio di tre metri per tre, il cui unico mobilio era costituito da un pianoforte verticale, da un tavolo e due sedie. Una vicina di casa racconta:” Il Maestro sembrava come impazzito, suonava notte e giorno sul pianoforte i ritmi ossessivi della Sagra a finestre spalancate”

 Immagine di una scena della Sagra della Primavera allestita alla Scala da John Taras nel 1972

La prima rappresentazione ebbe luogo il 28 maggio 1913 al Theatre des Champs Elisèe a Parigi sotto la direzione di Pierre Monteux con un’orchestra fra le più colossali mai viste prima d’allora ( ad eccezione dei “ Gurrelieder “ - i  Lieder dell’isola di Gurre - , vasta “ sinfonia” per Soli, Coro e Orchestra  del compositore austriaco Arnold Schoenberg )  ed in cui , oltre al folto stuolo degli archi, erano inseriti ottavini, flauti, oboi, il corno inglese, clarinetti, fagotti, 8 corni, 4 trombe,, tromboni, tube, timpani, la grancassa, tamburelli, piatti,cimbali antichi, ed il guiro ( strumento sudamericano). Da tale massa di strumenti scaturì una “ granitica sonorità orchestrale” che, spazzando via le tante “Primavere” sdolcinate del passato, produsse un nuovo concetto di bellezza in cui armonie e sonorità incredibili s’abbattevano violentemente sull’ascoltatore con una musica la più brutale, selvaggia ed aggressiva al pari delle forze scatenate della natura.

Vi è descritta una Primavera che nasce dall’interno della terra,dalla sue viscere, con forze primordiali “ che si contorcono negli spasimi della riproduzione

 

Edi Brancolini: Forze primordiali (tecnica mista su tela)

 Stravinskij stesso dice:” J’ai voulu peintre la montèe du printemps, la sublime montèe que se renouvelle” ( “ Ho voluto rappresentare la nascita della primavera, il sublime avanzare della natura che si rinnova “). Davanti a noi appare un mondo preistorico sbigottito di fronte ai misteri della natura in cui  i barbari e crudeli riti della Russia pagana celebravano l’ avvento della Primavera e culminavano nel sacrificio di una vergine.

Mac Mazzieri: Figure  (olio su tela) Impero Nigiani: Forze primordiali (olio su tela)

L’azione del balletto, infatti, rifacendosi a tali riti, narra del sacrificio di una vergine fanciulla prescelta ( “ l’Elue “ – l’Eletta ) per essere immolata al dio della Primavera onde propiziarne i favori. L’opera si suddivide in due grandi parti: l’Adorazione della Terra ed Il Sacrificio. Nella prima parte l’introduzione è costituita da una melodia del fagotto, l’unica melodia popolare presente nell’opera, tratta da un’antologia di musica folklorica che il compositore aveva trovato a Varsavia.

 Figurazioni del balletto della Sagra

Tale melodia, che sembra provenire da profondità ancestrali, è accompagnata da tremolii e trilli  evocanti il fremito che pervade tutta la natura che sboccia e germoglia”. Irrompe un suono martellante e sincopato formato da due accordi sovrapposti ( settima di mi bemolle e accordo perfetto di fa bemolle maggiore ) che introducono “ La danza degli adolescenti”. E’ come una “deflagrazione, un corto circuito” da cui tutto scaturisce e prende vita tramite un ritmo ossessivo, implacabile che attraversa gli episodi delle “ Citta rivali”, del “ Corteo del Saggio e de “L’Adorazione della Terra”, scatenando violente e massicce sonorità: “ è come se la Terra stessa si scuotesse  in frenetiche convulsioni”.

 Edi Brancolini: La danza dell’Eletta  (tecnica mista su tela

 

 

La seconda parte – Il Sacrificio- inizia con un preludio in cui l’intensità della linea melodica evoca un’atmosfera triste e meditativa.

  La scelta dell’Eletta

Il Saggio e le fanciulle, immobili, guardano il fuoco davanti alla collina sacra: devono scegliere l’Eletta, colei che sarà sacrificata per propiziare la fertilità della Terra. Subentrano violenti accordi che con cadenza martellante introducono l’episodio dei “Cerchi misteriosi degli adolescenti” cui incalza la danza frenetica della “Glorificazione dell’Eletta”. Improvvisamente la musica si calma ne “L’evocazione degli Antenati” dove il corno inglese con toni da blues arcaico espone una flessuosa melodia che evoca figurazioni che strascicano e si dondolano ( Walt Disney  nel suo film di cartoni animati “ Fantasia” vi scorgeva la scomparsa dei dinosauri).

  Scene dalla Danza sacrale dell’Eletta

Arriva la fine: la Danza Sacrale dell’Eletta, della vittima prescelta destinata a danzare fino all’esaurimento ed alla morte. La danza cresce paurosamente e vorticosamente, il ritmo diventa parossistico, tutti gli uomini sono selvaggiamente eccitati, la musica “ gronda nel più profondo del proprio essere (Becher), il rito pagano con la inesorabile logica del sacrificio ci colpisce con la sua barbara violenza riportandoci alle origini ancestrali dell’esistenza umana. Jean Cocteau parla di  “dolori dell’ infanzia della terra”  e, parafrasando un’opera poetica di Virgilio, definisce la partitura della Sagra “ una Georgica della preistoria”.

Figurazioni dell’Eletta (Beatrice Limonati) nella versione della Sagra allestita dalla regista-coreografa tedesca Pina Bausch al Teatro Municipale Romolo Valli di Reggio Emilia

La prima esecuzione in quel lontano 29 maggio 1913 provocò una violentissima reazione del pubblico, la musica fu coperta dai fischi e dalle grida. Stravinskij fuggì dal teatro e errando la notte per Parigi fu inseguito, raggiunto e pestato. Sfinito e  con una vertebra rotta,  si ammalò a tal punto da essere ricoverato in Ospedale.

 

 Il sacrificio dell’Eletta in un disegno di Chumy Chumez

 

Jean Cocteau racconta ancora:” Il pubblico rappresentò la parte che doveva rappresentare: si ribellò immediatamente. Rideva, scherniva, fischiava, miagolava… la gente nei palchi si insultava e si picchiava. Il tumulto finì in una zuffa generale. Presenti a teatro e parteggiando per Stravinskij c’erano Maurice Ravel, Debussy e altri. Ciò che Picasso aveva fatto con “ Les Demoiselles d’Avignon” , alla stessa maniera aveva operato Isadora Duncan e alla stessa maniera Stravinskj con La Sagra della Primavera”: avevano tutti e tre disturbato l’assuefazione, l’ordine costituito, “le simmetrie “. Vien da notare che ai giorni nostri queste cose non succedono più: a teatro, ingessati nelle poltrone, si applaude sempre, qualsiasi cosa venga propinata, si ha paura di far la  figura di chi non se ne intende o giù di lì.

Igor Stravinskij ritratto da Pablo Ricasso Stravinskij con Nizinskij, il primo interprete della Sagra Vaclav  Nizinskij

Riporto di seguito un efficacissimo commento su quella famosa serata fatto dallo stesso Stravinskij: “ I danzatori avevano provato per mesi e sapevano benissimo quel che facevano, anche se spesso quel che facevano non aveva niente a che vedere con la musica. “ Conterò fino a quaranta mentre tu suoni, - mi diceva Nizinskij(il maestro di ballo),- e vedremo dove ci incontreremo”. Non arrivava a capire che, benchè potessimo ad un certo punto incontrarci, questo non voleva dire necessariamente che fossimo andati insieme durante il percorso. Anche i danzatori seguivano più la battuta di Nizinskij che quella della musica. Nizinskij contava in russo, naturalmente, e poiché i numeri russi oltre il dieci sono polisillabi – diciotto, per esempio, è vosemnadcat – nei tempi veloci né lui né gli altri potevano tener dietro alla musica. Fin dall’inizio della rappresentazione si sentirono moderate proteste contro la musica. Poi , quando il sipario si alzò sul gruppo di fanciulle della “danza della adolescenti”, la tempesta scoppiò. Dietro di me gridavano – Ta gueule -. Udii Florent Schmitt urlare: Taisez-vous garces du seizième-; le garces del sedicesimo arrondissement erano, naturalmente, le signore più eleganti di Parigi. Comunque il tumulto continuava e, pochi minuti dopo lasciai furioso la sala…Arrivai con furia dietro il palcoscenico, dove vidi Diaghilev che faceva manovrare le luci in sala nell’ ultimo sforzo di far tornare la calma in teatro. Per tutto il resto della rappresentazione stetti dietro le quinte vicino a Nizinskij reggendolo per le code del frac, mentre lui in piedi su una sedia urlava dei numeri ai danzatori come un timoniere.

Naturalmente la seconda esecuzione  registrò un grandissimo trionfo.

Giuseppe Campa

 

Impero Figiani: L’infanzia della Terra Alba Gonzales:   Primavera

Post scriptum

Viene riportato di seguito un pensiero di Isadora Duncan tratto da un suo manoscritto:

“ ……Se ricerchiamo la vera origine della danza, se ritorniamo alla natura, troviamo che la danza del futuro è la danza del passato, la danza dell’eternità, che è sempre stata e sempre sarà la stessa.

 Il movimento delle onde, dei venti, della terra esiste da sempre nella stessa eterna armonia. Noi non andiamo sulla spiaggia a chiedere all’oceano come fosse il suo movimento nel passato e come sarà in futuro.

Ci rendiamo conto che il movimento proprio della sua natura rimane eternamente aderente ad essa. Il movimento degli animali in libertà e degli uccelli corrisponde sempre alla loro natura, ai bisogni e ai desideri di essa e all’armonia che essa ha con la terra.

 Solo quando si impongono restrizioni artificiali a degli animali liberi questi perdono la facoltà di muoversi in accordo con la natura e assumono movimenti che sono espressione delle limitazioni loro imposte. Così è successo per l’uomo civilizzato. I movimenti dell’uomo primitivo, che viveva in libertà, in costante contatto con la natura, erano senza limitazioni, spontanei e meravigliosi. …

….L’odierna scuola di balletto, lottando inutilmente contro le leggi naturali della gravità o contro la volontà naturale dell’individuo, ed operando nel suo movimento e nella sua forma in disaccordo con la natura, produce un movimento sterile che non genera movimenti futuri, ma che muore appena compiuto. ….Il balletto classico, costringendo gli arti ed il corpo a movimenti e pose innaturali, si condanna da solo……sotto i tutù e le maglie danzano muscoli deformati…. e sotto i muscoli ci sono ossa deformate. ….Invece la nuova scuola di danza dovrà cominciare dal movimento libero e che è in armonia con il corpo.

 Intendo lavorare per questa danza del futuro. Non insegnerò alle bambine a imitare i miei movimenti ma a trovare i propri. Non le costringerò a studiare determinati movimenti prestabiliti; le aiuterò a sviluppare quei movimenti a loro spontanei. L’intelligenza più elevata nel corpo più libero!…..”

 

Giuseppe Campa