Paolo Stomeo

 

A cura di Pippi Campa
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una figura di grande studioso

 

 e forte comunicatore

 

Il prof. Paolo Stomeo

Ricorre quest’anno il ventennale della scomparsa del prof. Paolo Stomeo, personalità di straordinario rilievo nell’ambito salentino nella sua qualità di eccezionale figura di studioso e insigne ellenista.

Nasce nel 1909 a Martano,nel cuore del Salento, in un’isola nella quale una manciata di piccoli Comuni,sparsi fra secolari e rigogliosi ulivi, conserva come per miracolo,  un antico dialetto, il griko, retaggio di insediamenti greci lontanissimi, attuale testimone commovente e prezioso di una civiltà, quella greca, che ha saputo dare nutrimento culturale al mondo.

 Lampi di ellenismo vanno pertanto a illuminare e a formare la sua giovane e precoce sensibilità di studioso, instillando quell’amore intenso per la sua terra, che lo condurrà e lo sosterrà per tutta la vita

Radicato fin dalla nascita in terra d’Otranto, agitato nell’animo da una notevole passione per la lingua, gli usi e i costumi dei luoghi natii, riflette su di essi una forte luce e ne illumina la grecità con il garbo e l’ironia benevola  di chi si riferisce  al tempo passato avendo però lo sguardo attentissimo al contesto reale del presente. Intuisce l’importanza e il fascino della lingua parlata ovvero del dialetto griko e ne incoraggia le potenzialità.

 Mantenendo un continuo contatto  verbale con la gente comune indaga nel prezioso archivio della terminologia popolare, concentrato vivente di fonemi a volte disarticolati, dissociati, impoveriti del valore primigenio ma vivificati dal vissuto. Tali fattori ambientali e culturali gli hanno permesso in un lungo arco temporale di dar vita ad una vasta produzione che avendo differenti finalità si è rivelata di natura  specialistica, narrativa e di traduzione.

Lu furneddhu “: tipica costruzione in pietra nelle campagne del Salento

La magnifica e orgogliosa gente del Salento

La prima è incentrata prevalentemente sulla ricostruzione di un processo linguistico nonchè sulla ricerca di un filo unitario all’interno della vasta congerie popolare di sostantivi, di verbi ma soprattutto di espressioni dalle quali con una prosa tenera e disarmante veniva incredibilmente ad emergere il sentimento lirico di un’etnia. La ricerca linguistica, illuminata da questa luce, potrebbe definirsi anche “ morale “ poiché Paolo Stomeo veniva man mano a individuare il respiro segreto, l’anima di una massa, di  una moltitudine di persone per le quali valeva la pena spendere una vita di studio. 

 La frequenza del  Liceo Palmieri di Lecce e gli studi ulteriormente e validamente approfonditi presso la Normale di Pisa e l’Università di Firenze, dove consegue la laurea in Lettere Classiche, sono i segni del suo amore profondo verso la Grecia, certamente avvertita come seconda patria, e verso il suo idioma che conosceva in modo perfetto  nelle sue  manifestazioni di greco antico, di neo-greco e di dialetto delle zone ellenofone:  aspetti di una stessa lingua ugualmente segnati da una fortissima valenza culturale. 

E’ opportuna, a tale riguardo, una breve digressione. Vorrei, difatti, ricordare che  il Petrarca era “ sordo “  (M. Bettini) di fronte alle parole di Omero. Nelle sue Familiari ci narra, infatti, di un Omero inviatogli da un amico, in greco naturalmente. Ma ignorando ( come Dante, del resto) tale lingua, il grande poeta toscano guarda a quel libro come ad una immagine ricavandone soltanto un piacere di contemplazione.

Così risponde all’amico:

“..senza la quale ( la lingua greca, n,d.r.) il tuo Omero è muto per me, o per meglio dire, sono io sordo di fronte a lui. Tuttavia godo già solo a contemplarlo e spesso abbracciandolo e sospirando, dico - O uomo grande, come desidererei udire la tua voce.! ( Familiari, XVIII, 2 ).

In un’altra delle Familiari ( III, 18,3 )  espone il suo pensiero sul linguaggio, ponendolo a confronto con le immagini :

 ..l’oro, l’argento, le gemme, le tavole dipinte,…tutte le cose di questo genere danno un piacere muto e superficiale: i libri dilettano invece profondamente, parlano, consigliano e sono congiunti a noi da una consuetudine viva e parlante….”.

Ettore e Andromaca nello sguardo di Omero

 

Paolo Stomeo sembra attenersi esattamente a questa magnifica lezione del Petrarca  e, proprio rispetto a se stesso, uomo di cultura, sente più forte l’urgenza sia di uno studio raccolto e solitario dei libri  sia di un operare concreto sul campo tramite un’indagine della lingua greca popolare a stretto contatto con la gente. Indagine che si pone anche come piacere raffinato, lontano anni luce dai fatui, neghittosi e impotenti passatempi di giochi cartacei di una piccola provincia.

Da questo meticoloso e capillare lavoro sul dialetto griko nasce il suo Vocabolario greco – salentino “, che, pubblicato nel 1992 in un unico volume a cura del Centro Studi Salentini di Lecce, aveva già visto la luce nei fascicoli che dal 1982 al 1987 erano apparsi sulla rivista “ Studi Salentini “. Assai chiarificatrici appaiono le parole che Emilio de Giorgi pone nella premessa del Vocabolario:

 “Il Vocabolario greco-salentino non deriva, se ci è consentito dire, dall’applicazione di principi teorici e metodologici aprioristicamente accettati, ma da una conoscenza immediata e diretta della vita, degli usi, dei costumi e delle tradizioni popolari delle genti grecaniche salentine, convivendo con le quali Paolo Stomeo ha potuto approfondire giorno per giorno i valori di civiltà “.

Rilevante se non fondamentale è stato, altresì, il contributo dato ancora dal prof. Stomeo,  attraverso una conoscenza personale e diretta, al grande filologo tedesco Gerhard Rohlfs per il perfezionamento della stesura e la revisione di alcuni suoi fondamentali lavori fra cui il monumentale  Etymologisches Wörterbuch der unteritalienischen Gräzität” ( Dizionario etimologico della grecità dell’Italia meridionale ) nella riedizione di Tubingen 1964 con il titolo di Lexicon Graecanicum Italiae Inferioris”.  I testi summenzionati, assieme ai cinque volumi del “ Lexicon “ di Karanastasis ed alla splendida fraseologia del griko salentino rilevata dai manoscritti di Don Mauro Cassoni, saranno, fra numerosi altri, alla base del degnissimo lavoro  del glottologo greco Stefanos Lambrinos  “ Il dialetto greco-salentino nelle poesie locali, Ed. Almatea – 2001

L’aspetto specialistico della sua produzione si rivela, altresì, in un magnifico lavoro di ricerca, contenuto in due volumi, sulle origini dei cognomi salentini.  “…E’ un’indagine di prima mano, “ scrive lo Stomeo “ ancora in corso, non tentata in precedenza da altri, da cui si può arguire quale sia l’impronta greco-bizantina lasciata nel Salento, al di là di ogni aspettativa”. Nel secondo volume, che l’autore dedica alle sue figlie Luciana e Mariantonietta, compare anche il suo pensiero sulla mai sopita e conclusa querelle relativa all’origine dei Greci nel Salento. I due testi rimangono, comunque, un validissimo esempio di come si possa condurre un’indagine tramite un’attenta analisi degli elementi strutturali su cui poggia la parola, pervenendo, così, ad un risultato che non si fonda sull’ambiguità del significato ma viene ad assumere sia il valore scientifico sia il bisogno dell’esattezza e del significato univoco.

Tanti cognomi, tanti ricordi e tanti bellissimi posti antichi

Illuminando un altro aspetto della sua personalità potremmo affermare che lo studio serio generalmente non è fine a se stesso ma prelude ad un’inevitabile azione di riproposta. Pertanto ancor più meritevole appare nel prof. Stomeo la vocazione didattica che, resa possibile dal conseguimento della libera docenza, gli consente di insegnare sia presso l’Università di Lecce sia nell’ambito dei Licei cittadini, nei quali viene a ricoprire le funzioni di Docente e di Preside. Ha potuto vivificare così tanta realtà giovanile trasmettendo il suo sapere, come ricordano tutt’oggi i suoi alunni, con grande dedizione, con entusiasmo e altissimo senso del dovere, incantando l’uditorio attraverso un eloquio brillante e trascinatore e facendo affiorare ancor più in esso l’amore per gli affascinanti paradigmi della civiltà classica. Ma sono state soprattutto le sue doti umane, quali la bontà d’animo, la dolcezza del carattere  e una grande generosità, a consentirgli di  lasciare in tutti un segno indelebile del suo valore di uomo di cultura umanistica e  di grande comunicatore.

Io stesso mi considero testimone privilegiato del suo alto dettato culturale e umano, avendo avuto l’opportunità di conoscerlo quando ero ancora studente al Liceo Classico. Sono del Salento, di Castrignano dei Greci e ho praticamente calcato fin da piccolo le stesse zolle di terra rossa che, per merito suo, ho imparato ancor di più ad amare e rispettare.

La realtà colta alla luce del sole che caratterizza il suo studio del dialetto griko, viene ad affiancarsi segretamente  agli incanti di una prosa che, dipanando effetti narrativi di favole e di fantasticherie popolari, raccoglie in un unico volume trentuno racconti  sotto il titolo di “ Racconti greci inediti di Sternatia con introduzione, trascrizione fonetica, traduzione e glossario di Paolo Stomeo. Per una migliore e più rapida comprensione del testo, riporto di seguito un breve passo  dell’introduzione:

“…Nel raccogliere i testi greci ricavati con scrupolosa fedeltà dalla viva voce del popolo e nel trascriverli e tradurli con metodo, quanto era possibile, scientifico senza perdere di vista il loro fine divulgativo, ho inteso portare il mio contributo non solo alla conservazione del patrimonio linguistico ma anche alla valorizzazione delle tradizioni folcloristiche greco- salentine tanto affini a quelle orientali ed elleniche a causa della lunga colonizzazione greca….”

     I Racconti, sicuramente ispirati, fra gli altri, anche ai modelli narrativi di Giambattista Basile ne Lu cuntu de li cunti ”, di Giuseppe Pitrè in “Fiabe, Novelle e Racconti popolari siciliani “, di Italo Calvino nelle “ Fiabe italiane”, vengono indubbiamente a costituire un processo di mediazione comunicativa quanto mai rassicurante da cui si irradiano alcuni degli aspetti più caratteristici del Salento e dove lo studioso, operando in uno spazio popolare, non sente l’esigenza di stare al di sopra del racconto ma ad esso s’accosta fedelmente rivelandolo in modo immediato e con la disinvoltura di una rappresentazione agile e delicata. Un’accorata commozione può afferrare il lettore nel leggere la dedica posta nella prima pagina dei Racconti:

L’urgenza di cogliere il mondo greco nei suoi aspetti moderni e contemporanei lo induce, inoltre, a spaziare con gli occhi della mente oltre i confini della terra natia, a guardare “ l’altra sponda “ – citando il  Montale della Dora Marcus -, a varcare l’Adriatico, un mare che fin dai tempi più remoti, insinuandosi fra spazi continentali e spazi mediterranei, ha dato vita ad una fortissima osmosi fra le culture delle due sponde, intendendo la cultura nella sua accezione più ampia, come culto di valori, interessi, passioni, desideri. Una condizione irripetibile, da definire “adriatica “ , tutta legata al suo mare le cui coste, orientali e occidentali, hanno permesso addirittura di mettere in contatto le regioni centro-europee con quelle mediterranee.

Il prof. Stomeo credo avvertisse in modo intensissimo il fascino della bellezza adriatica. Le costruzioni, le architetture rurali, le chiese bizantine o romaniche o barocche, edificate con la pietra calcarea, biancheggiavano uguali fra le due sponde. Ma nonostante il “ mare stretto “ – nella sua accezione braudeliana - le due sponde meridionali hanno conservato  nei secoli le loro caratteristiche diversità regionali legate agli strati più profondi del territorio e alle proprie specificità culturali che in molti casi hanno risentito e risentono tuttora dell’assimilazione degli apporti esterni. In questa operazione un ruolo importante hanno avuto le Città, i Centri Universitari, le Organizzazioni Culturali e le iniziative di ogni genere: istituzioni che hanno funzionato  sia come centri di elaborazione delle proposte provenienti da entrambi i lati sia come organismi capaci di recepire il nutrimento di idee e di pensiero.

La spiaggia di Nidri nell’isola di Lefkada

Dirupo nella punta di S.Maria di Leuca

Con questi intendimenti, ad esempio, nasceva nel 1959 il gemellaggio patrocinato dal prof. Stomeo e dall’allora Sindaco, l’ing. Giannino Aprile, fra il Comune di Calimera e le Università di Atene e Salonicco, unici Centri universitari della Grecia. Nel corso della cerimonia il Comune salentino conferiva la cittadinanza onoraria sia al prof. Stomeo sia ai docenti greci intervenuti alla manifestazione. La Grecia da parte sua sottolineava l’evento con il dono di una preziosa stele in puro marmo attico, a simbolo della comune origine ellenica dei tre centri e a conferma dei saldi rapporti culturali e di amicizia che si venivano creando. Le stessa università di Atene e Salonicco incaricavano successivamente il nostro studioso a tenere, presso di esse, cicli di conferenze in greco sull’evoluzione dell’idioma greco-salentino.

 

Con questi intendimenti, ad esempio, nasceva nel 1959 il gemellaggio patrocinato dal prof. Stomeo e dall’allora Sindaco, l’ing. Giannino Aprile, fra il Comune di Calimera e le Università di Atene e Salonicco, unici Centri universitari della Grecia. Nel corso della cerimonia il Comune salentino conferiva la cittadinanza onoraria sia al prof. Stomeo sia ai docenti greci intervenuti alla manifestazione. La Grecia da parte sua sottolineava l’evento con il dono di una preziosa stele in puro marmo attico, a simbolo della comune origine ellenica dei tre centri e a conferma dei saldi rapporti culturali e di amicizia che si venivano creando. Le stessa università di Atene e Salonicco incaricavano successivamente il nostro studioso a tenere, presso di esse, cicli di conferenze in greco sull’evoluzione dell’idioma greco-salentino.

La stele greca di Calimera

Ecco perché l’Adriatico ha funzionato da “ponte” ideale, da collegamento, ha favorito cioè l’incontro, la reciproca conoscenza e il reciproco apprezzamento anche delle diversità. Possiamo essere certi che il professore con una sorta di intuito storico avesse uno sguardo attento alla giovane Europa  avvertendo in anticipo, ma comunque in linea con i tempi, che l’altra sponda aveva bisogno di mantenere rapporti con le aree più dinamiche del continente europeo e guardasse, quindi, all’Adriatico come un crocevia degli scambi non solo culturali ma anche economici, essendo venuta meno quell’unità mediterranea che l’espansionismo arabo aveva frantumato fin dall’Alto Medioevo.

 In quest’ottica va inserita questa grande figura di studioso, la cui visuale ampia, acuta, con scopi corrispondenti al suo credo, gli ha permesso di essere fra i primissimi  a indagare con spirito moderno e lungimirante la cultura greca nei suoi aspetti moderni, contemporanei, in special modo nei riguardi del neo-ellenismo, affiancandosi in tal senso agli studi di forti personalità quali Ungaretti e Montale.

 Con un’intonazione profondamente  convinta e appassionata il prof. Stomeo stringe, inoltre, frequenti rapporti con Enti culturali e Circoli letterari in Grecia. Una sequenza di dibattiti e conferenze lo rende attivo e interagente con l’Associazione dei Letterati Greci ad Atene laddove gli viene ufficialmente riconosciuta l’estrema attualità e la validità degli interventi. Di particolare interesse viene a risultare il proficuo ed amichevole sodalizio con l’illustre prof. Bruno Lavagnini dell’Università di Palermo  e membro dell’Accademia dei Lincei, autore, fra l’altro, del testo di Letteratura Neo-Ellenica.

Lo stesso prof. Lavagnini  lo invita a tenere presso l’Istituto Italiano di Cultura in Atene ben due conferenze in lingua greca sulla figura del grande poeta conterraneo, nonché infaticabile animatore del risveglio culturale greco-salentino, Vito Domenico Palumbo (1854-1918) del quale il prof. Stomeo aveva tracciato un interessante e fedele studio monografico nonché  trascritto foneticamente e tradotto in maniera commovente e incomparabile il libro di poesie “ Roda ce Kattia “ ( Rose e Spine ). Mi permetto di invitare gentilmente il lettore a porre un attento sguardo a tale lavoro, rivelatosi da subito miniera preziosa e ricchissima del lessico salentino e alla quale tutti i glottologi hanno guardato con rispetto e attinto a piene mani.

Si susseguono anche con frequenza  interviste radiofoniche e recensioni sui quotidiani ellenici ed italiani, quali  Akropolis e il Corriere della Sera .

In questo incredibile slittamento continuo di qualsiasi momento di sosta nelle attività e nello studio riesce a instaurare e mantenere stretti legami fra l’Ambasciata greca di Roma e il Ministero della Stampa di Atene. Fra l’altro, la nomina a Membro della Giuliana Accademia di Studi Superiori “ Minerva “  e quella di membro onorario delle Anfizionie di Delfi, determinano chiaramente la validità della sua immagine di protagonista e promotore di una coscienza culturale di vasto respiro. I riconoscimenti, anche in patria, lo portano a divenire Membro dell’Accademia dei Lincei e vedono anche intitolare a  suo nome una strada ed un Istituto di scuola media a Lecce nonché la Biblioteca Comunale  nel paese d’origine.

Ritengo che una particolare menzione meriti uno dei suoi lavori più significativi ovvero un’antologia della lirica greca moderna, raccolta in un volume dal titolo “ Dionisios Solomos - Costantino Kavafis ”-  quaranta poesie scelte e tradotte con testo a fronte e con introduzione e note dichiarative a cura del prof. Paolo Stomeo – Ed. La Nuova Ellade - anno 1954. Negli intendimenti dell’autore, questo sarebbe dovuto essere il primo di una serie di volumi da presentare al pubblico per informarlo intorno allo sviluppo della poesia ellenica contemporanea. Purtroppo è rimasto unico ma, nonostante ciò, sufficiente per mettere in luce quale spettacolo di mirabile perfezione formale siano state le Note dichiarative ad ogni poesia e soprattutto la traduzione dal greco.

Solo chi non ha terraferma abita nella musica ”, affermava agli inizi del secolo scorso lo scrittore austriaco Karl Kraus. Parafrasandolo, potremmo dire che tale affermazione abbracci anche la poesia, la quale oltre ad essere, parimenti alla musica, ritmo e metrica, non ha anch’essa terraferma in quanto, ponendosi come movimento eccellente dell’arte, racchiude in sé un senso di simultaneità spaziale. Basta coglierla! Ed ecco che Paolo Stomeo, volendo partecipare all’evento poetico ed  entrare nel territorio dell’artista, ha varcato l’Adriatico, ha varcato una soglia per stare nell’opera, per renderla protagonista e contemporaneamente soggetto contemplato dagli altri all’esterno. E’ fra i primissimi, assieme all’amico Bruno Lavagnini (1955) e F.M. Pontani ( nella raccolta del 1956), a tradurre dal greco un corpo considerevole di poesie. Ancora fra i primi a intuire la grandezza e la modernità dei due poeti greci, in specie di Kavafis del quale oggi fioriscono o ripigliano vigore  innumerevoli e pregevoli traduzioni ( Paola Maria Minucci, Nelo Risi e Margherita Dalmati, Guido Ceronetti, Tino Sangiglio, ecc )

Dionisios SOLOMOS   ( Zante 1798 – Corfù 1857 ) Costantino KAVAFIS ( Alessandria d’Egitto 1863 –Atene 1933 )

Comunque la scelta di Dionisios Solomos, poeta del 1800, e di Costantino Kavafis, poeta del 1900, potrebbe non essere casuale. Ritengo, infatti, che nelle intenzioni dello studioso fosse implicito operare fra i due  un confronto non solo sulle differenze linguistiche  ma soprattutto sugli ideali e sulle motivazioni poetiche. Tale confronto risulta essere, a mio avviso,  indispensabile  per approdare  all’unità del risultato ovvero a rendere i due poeti facce opposte di una stessa medaglia: Solomos ovvero l’apollineo, il “ chiarore lunare ” (P.Stomeo), gli elevati sentimenti e Kavafis ovvero il passionale, il nostalgico, il gaudente, l’esteta, il pessimista se vogliamo. E la medaglia è composta! Ma la Poesia , si è detto, non ha terraferma. Ricordo che Kavafis aveva scritto di se stesso:

non sono né greco , né grecheggiante ”.

Difatti, le mura del recinto non possono chiudersi all’interno di una lingua nazionale. Semmai, come dice Bonito Oliva, il recinto

è un punto di concentrazione, di protezione iniziale, da abbattere successivamente “.

Paolo Stomeo ha abbattuto il muro e ci ha regalato con questa antologia la traduzione di un folto numero di poesie fra le quali due grandissimi brani poetici di Kavafis: “ Itaca ” e “ Aspettando i barbari “: a significare, con la prima, la felicità, l’urgenza dell’andare e il senso di colpa del non voltarsi indietro e, con la seconda, l’architettura del silenzio, la complessità della quiete, la vana attesa (cui tanto deve il Sottotenente Drogo di Buzzati! ); o ancor meglio, con uno speciale intuito dello studioso, a voler mettere in luce da una parte l’operosità, il fare, la forza dell’illusione, il demone che agita l’esistenza e dall’altra  la stagnazione, la quiescenza intellettuale, l’inutile attesa con lo sguardo spento nel vuoto.

Itaca

Tutto questo, esposto da me con umiltà e sicuramente in maniera incompleta, ha significato per Paolo Stomeo corrispondere al proprio genius loci: acquisire le proprie radici, padroneggiare un linguaggio storicamente finito provocando una sorta di resuscitazione, sentire l’urgenza di incontrare lo sguardo esterno, essere consapevoli infine della distanza che separa l’arte dalla vita, il sogno dalla realtà ma soprattutto dell’impossibilità di vivere nell’equilibrio del tutto.

Giuseppe Campa fu Francesco

Fatto a Modena il 19 marzo 2007