IL RIENTRO DALLA LICENZA DI NATALE

La scadenza della licenza è per la mezzanotte del 3 gennaio 1964. Nel primo pomeriggio, insieme a Giuseppe Chionetti della prima compagnia prendo il treno per rientrare a Modena.
La città ci accoglie avvolta da una fitta nebbia. “Cara Modena come ci sei apparsa triste”vien voglia di dirti, parafrasando Aznavour in “Come è triste Venezia”. Lampioni che fanno poca luce, gente rada e frettolosa, filobus lenti e semivuoti, poche le insegne luminose. Ma era domenica? Forse sì.
Malinconici facciamo gruppo con altri compagni scesi dallo stesso treno, altrettanto malinconici. Ci avviamo verso l’Accademia lungo corso Vittorio Emanuele, ognuno raccontando i bei momenti passati a casa. Facciamo il nostro ingresso dalla porta di via 3 febbraio sostando davanti il gabbiotto dove due Carabinieri infreddoliti e imbronciati ci controllano i documenti. “Suvvia cos’è questa tristezza ”, qualcuno di noi si permette di dire loro. Che rimangono imbronciati. Non hanno capito! Domani si ricomincia. Speriamo di rivedere il sole e di non incontrare altre facce tristi.
Il nostro plotone si trova ridimensionato di un allievo che ha presentato domanda di dimissioni, Marco Massi, se ben ricordo. Il Tenente Leonardi ci riunisce per il saluto al nostro compagno che ci lascia e ci saluta con queste parole: “Ragazzi, per motivi familiari che non sto a specificare, mi devo separare da voi … mi spiace tanto … vi ricorderò tutti … siete proprio un bel plotone”. Proprio così ci disse “un bel plotone”, non celando un sincero rammarico nel doverci lasciare.
Un fatto che fece scalpore non solo in Accademia ma anche in città, fu l’atto temerario compiuto dal cadetto Emilio Marzo della quarta compagnia. Salito a Bari sul treno per Milano, non aveva prestato attenzione di aver preso un rapido che non effettuava fermate intermedie tra Bologna e Piacenza. Giunto in prossimità della stazione di Modena, approfittando di un rallentamento del convoglio, non aveva esitato ad aprire la porta e a buttarsi sul marciapiede della stazione, rovinando lungo disteso con la valigia mezza aperta. Soccorso, venne ricoverato in ospedale per frattura di una gamba e contusioni varie.
Quando il generale Viligiardi gli fece visita, gli rivolse queste parole: “Mi compiaccio per il suo coraggio e per questo le rilascio un encomio scritto … nello stesso tempo la biasimo severamente di aver messo a repentaglio la sua integrità fisica e per questo le sanziono una punizione di sette giorni di consegna!” Non nascondo che molti di noi avremmo voluto vedere la faccia del nostro collega passare in un attimo dalla gioia per l’encomio allo sconforto per la punizione.
Il sole non comparve presto, anzi i giorni di nebbia si susseguirono un dietro l’altro. Non ci badammo un gran che, presi dalla frenesia delle attività e dall’impegno nello studio per superare gli accertamenti orali, due alla settimana, il martedì e il sabato, e quelli scritti, due al mese.
Pier Gianni Ferrando
Gennaio 2011