2 Giugno 1965




Conclusa la manifestazione del Mak P 100, ci attende a brevissima scadenza un altro importante impegno : la sfilata in via dei Fori Imperiali a Roma, in occasione della Festa della Repubblica del 2 giugno.
All'annuale ricorrenza l' Accademia di Modena partecipa con la bandiera dell' Istituto e la scorta di una rappresentanza in armi . Ma l'anniversario del 1965 ci richiede un onere suppletivo perché ricorre il cinquantenario dell'entrata in guerra dell'Italia nel primo conflitto mondiale. Per l'occasione la sfilata sarà aperta da 144 cadetti, in una formazione di dodici per dodici, che devono sfilare con la bandiere dei reparti che hanno operato vittoriosi in quella guerra.
Nel primo pomeriggio di domenica 28 maggio si parte in treno per Roma. Alla stazione di Modena siamo inquadrati in due gruppi, quello in armi di 90 allievi al comando del nostro capitano Civita e quello del "gruppo bandiere " di 160 allievi, riserve comprese, alle dipendenze di un Ufficiale dell'Accademia. Partecipano ovviamente solo gli allievi del secondo anno, in divisa storica invernale. Saliamo su quattro carrozze di un treno in partenza per Roma. A Palazzo sono rimasti i "tappi ", i più bassi di statura, e gli acciaccati. Si giunge a destinazione che è ancora chiaro. Su pullman militari siamo condotti alla Cecchignola, dove alloggiamo alla Scuola del Genio, caserma Rosso. Al mattino siamo condotti al museo del Vittoriale per prendere in consegna la bandiera del reparto, che in molti casi era di un reggimento di Fanteria. Sul vasto piazzale della caserma Rosso iniziano le prove. Si deve marciare serrati, dodici per dodici, tenendo alta e diritta la bandiera, la cui asta è infilata nella sacca di una fascia portata a tracolla dal cadetto " alfiere ".
Quel giorno facciamo la conoscenza del colonnello paracadutista Giorgio Li Gobbi, l'ufficiale in servizio più decorato dell'esercito con due medaglie d'oro, due d'argento e altre di bronzo, incaricato di guidare la formazione. Un uomo tutto di un pezzo, di poche parole, che intorno a sé emana un forte carisma. E' fratello di Alberto, medaglia d'oro al valor militare alla memoria nella guerra di Liberazione. La prova generale della parata con la partecipazione di tutti i reparti viene effettuata in notturna, dalle tre alle cinque del mattino.
Alle sei siamo già di ritorno. Viene concesso il riposo fino all'ora di pranzo e il pomeriggio libero. L'indomani viene inclusa una prova di affinamento del movimento di sfilata e un controllo generale della uniforme. Venerdì 2 giugno si presenta come una bella giornata, il cielo di un azzurro intenso, lievemente frizzante l'aria che muove di quel tanto che basta le bandiere tricolori, quelle dei reparti militari e quelle appese ai balconi, alle finestre e ai pennoni della città. Alle otto siamo già inquadrati nella zona di ammassamento delle truppe nei pressi delle Terme di Caracalla. Alle dieci in punto ha inizio la rassegna militare che si dispiega lungo tutta la via dei Fori Imperiali, dall'arco di Costantino a piazza Venezia. Conservo una copia di Storia Illustrata di allora in cui sulla copertina compare la foto del gruppo bandiere della Vittoria alla sfilata del 2 giugno 1965. La nostra sfilata. Quella che avanza compatta e orgogliosa è una selva di vessilli portati issati in alto dai cadetti del Ventesimo Corso, preceduto da pluridecorato colonnello Li Gobbi. Ho poi sottomano l'immagine della formazione in armi della Accademia nel momento della resa degli onori alle massime Autorità dello Stato. In primo piano il capitano Civita con il volto a sinistra, seguito dall'alfiere caposcelto Gecele della settima e dalla compagnia di allievi con il fucile Garand a spallarm. Sulla tribuna d'onore si riconoscono il capo dello stato Saragat, il presidente del consiglio Moro e parte dei ministri del suo governo. Tra due ali di folla vociante e plaudente sfiliamo al tempo della "Marcia degli Eroi", eseguita dalla banda dell'esercito. Una sensazione esaltante, un momento indimenticabile. Rientrati in caserma abbiamo la gradita sorpresa di trovare un pranzo "speciale" con tanto di dolce e spumante. Nel saluto di commiato Li Gobbi ci rivolge parole di apprezzamento per l'impegno dimostrato, ci ricorda il significato storico e sacro di quelle bandiere che abbiamo avuto in consegna, infine ci augura un promettente avvio di carriera. Il giorno dopo, sabato, ci viene concessa libera uscita dal mattino a sera. Assieme a Ladillo e Ghiani accetto l'invito di Giuliano per una "scappata" al mare, a casa dei suoi. Nei pressi della stazione Termini saliamo su un pullman di linea che ci porta a Terracina, percorrendo il lungo rettilineo dell' Agro Pontino.
Siamo al mare, in spiaggia ragazzi e ragazze fanno il bagno; per un momento il dolce rumore delle onde sulla battigia ci inebria. Giuliano ci presenta il gestore e amico dello stabilimento balneare che frequenta da quando era bambino. Che ci invita a rimanere come ospiti. Non possiamo, perché papà e mamma del nostro compagno ci aspettano per il pranzo. E poi così impettiti nella divisa e con quel kepì in testa ci sentiamo fuori posto.
A casa sua facciamo conoscenza del fratello e dei genitori. Il nostro compagno è già alto, è lo spilungone del plotone, ma rimaniamo sorpresi dalla mole del fratello . E' alto quasi due metri. Presta servizio a Roma nei Corazzieri. Il papà è maresciallo dei Carabinieri, anche Giuliano aspira all' Arma e il suo desiderio verrà esaudito un paio d'anni dopo. A tavola si parla del più e del meno, anche delle nostre situazioni in Accademia e, come spesso capita, il discorso scivola su alcuni aspetti che non ci piacciono. Il papà ci consiglia bonariamente di aver pazienza e di essere fiduciosi per il futuro. Nel pomeriggio Giuliano, che ha la patente, ci porta a fare un giro sull'auto del fratello fino a Sperlonga, un paese abbarbicato su di uno sperone roccioso, dove visitiamo la grotta di Tiberio, ricavata in una stretta gola tra alte pareti a strapiombo sul mare.
Sempre in pullman facciamo ritorno alla Cecchignola quando manca poco a mezzanotte. La nostra permanenza a Roma volge al termine. Domenica sera (sempre di domenica!) prendiamo il treno per Modena dove arriviamo alle cinque del mattino. Pioviggina, il cielo è cupo, le nuvole sono basse. Che tristezza. Inquadrati per tre ci muoviamo con passo cadenzato per corso Vittorio Emanuele. In giro non c'è nessuno, non si sentono voci. Un filobus vuoto ci sorpassa silenzioso. Che differenza con via dei Fori Imperiali! Un caro saluto,
Pier Gianni Ferrando, 2 Giugno 2018