EPISODI  REALMENTE  ACCADUTI

Alle 5.30 suona la sveglia,quanti accidenti le abbiamo mandato! Solo nei giorni festivi è posticipata alle 7.30. E subito irrompono le stridule voci del personale di servizio: “sveglia,presto giù dal letto,e lei cosa fa ancora lì…stia punito! Come spalanchiamo i finestroni,così pretende lo scelto Solimene,la nebbia di Modena entra piano e silenziosa nell’ampia camerata prospiciente corso Vittorio Emanuele dove dormiamo in cinquanta. Da precisare che a quei tempi le camerate non erano riscaldate e ci sembrava di essere nelle stesse condizioni del cadetto Giovanni Drago che nel libro “Il deserto dei Tartari” si lamenta delle “sveglie invernali nei cameroni gelati” della Scuola Ufficiali. A torso nudo,su esplicito consiglio di Solimene( “è tutta salute! “),corriamo ai servizi: barba con lametta e acqua fredda per gli sprovveduti,con rasoio elettrico per i previdenti e bene informati. Riordino il letto badando che il copriletto sia ben ripiegato e squadrato per la goduria dello scelto Solimene ( sempre lui!) che ripete: “deve essere così piatto che una pallina da ping pong, messa sopra,non si muove!”. Di volata prendo il caffè caldo che uno di noi, a turno,porta su dalle cucine. “Radio gavetta”sussurra che il caffè è allungato con bromuro, un anti eccitante. “Ma va là, e chi ci può eccitare? Forse lo scelto Solimene?”.Indosso la divisa e giù di corsa per le scale all’adunata, la prima della giornata. Tutti schierati nel viale del  campo ginnico per la conta dei presenti. I capo scelti anziani di ogni compagnia, per la nostra Agostino Luppoli, ricevono dagli scelti/istruttori dei tre plotoni le novità relative alla “forza del reparto”(presenti,assenti,chiedenti visita,…).Subito dopo ha inizio la “reazione fisica” (che terminologia!). Per cinque/sei minuti si corre inquadrati e con passo cadenzato per scaldare il corpo e tendere la muscolatura. E’ buio, fa freddo, è dicembre, fari e lampioni illuminano la scena. E’presto,sono le sei,al di là dell’alta cancellata passano in bicicletta due operai,un addetto alla pulizia della strada ammucchia le foglie con una lunga scopa e per un momento sta a guardarci( chissà cosa pensa di noi). Tutto tace,solo noi con i nostri passi sul selciato del viale facciamo rumore. Sopraggiunge il comando “alt, rompete le righe!” Si entra nel salone riscaldato dello studio,detto della “pompa”,cioè dello studio col fiatone perché il tempo è poco e le materie sono tante. Sono caldo ma non sudato,evidentemente gli istruttori hanno dosato bene l’andatura della corsa

Il tenente Leonardi aveva difficoltà a pronunciare la erre che con una certa frequenza si trasformava in evve. Un giorno si imbatte in me e in Cavallaro mentre parlottiamo tenendo una mano in tasca(atteggiamento non conforme al regolamento) e: “Ma guavda… e bravi Fervando e Cavallavo … proprio esemplare il vostro comportamento…state puniti,chiavo…chiavo…oh osate anche sollideve… allora state doppiamente puniti!” Sarà, forse al ripetuto “chiavo” abbiamo accennato un sorriso. E così siamo stati puniti con tre giorni di consegna. Era un venerdì( ma non poteva essere un martedì!) e pertanto per sabato e domenica ci veniva preclusa la libera uscita. Bah,tre giorni per una mano in tasca. Ma perché avevamo una mano in tasca? E chi se lo ricorda. O forse l’aveva solo Cavallaro e allora cosa c’entravo io? E’ uno dei tanti fatti comici e surreali che capitavano in Accademia. E che ogni tanto mi sovvengono e mi fanno ancor’oggi sorridere o pensare.

Come quella volta che al suono dell’adunata corriamo frettolosi verso il cortile d’onore,chi in divisa storica chi come il sottoscritto in uniforme di servizio. Nel loggiato del cortile mi sento chiamare da dietro “Ferdinando,presto vieni qua”. E’Cosimo Pellegrino che mi afferra per un braccio,mi occulta,o quasi,dietro una delle colonne e: “stai fermo,altrimenti non mi fanno uscire” mi implora e si strofina una scarpa,a quanto pare non lucidata a dovere,sui miei pantaloni di panno. Il fatto è che a questa scena assiste,non visto,il temibile colonnello Giovanni Ghigo,comandante del secondo battaglione allievi. Ad un gutturale richiamo “cosa fate!” la gamba di Cosimo si immobilizza,per un attimo rimaniamo fermi e increduli,ci voltiamo rassegnati alla inevitabile punizione. “Si vergognino e stiano puniti entrambi,il prepotente – indicando con l’indice Pellegrino – e il consenziente,che si lascia strofinare la divisa con una scarpa nel cortile d’onore…d’onore!” (sic.).

Ma non finisce lì. Dobbiamo presentarci ai nostri comandanti per riferire dell’accaduto e sorbirci così altre romanzine. Una da parte di Leonardi: “Oooh…ma guavda cosa mi tocca sapere…state puniti!” e l’altra dal capitano Civita che si agita,salta quasi dalla sedia e sbotta: “Eccoli qua…eccoli qua…avete fatto fare una brutta figura alla terza compagnia,che io comando e che voi non meritate di far parte…ma sempre cicchettoni devo prendermi per colpa vostra…state puniti!...Leonardi,presto la motivazione sulla tabella!”. Che per il consenziente sanciva questa motivazione “acconsentiva ad un collega di strofinare una scarpa sul proprio pantalone della divisa prima della rassegna per la libera uscita”.

Cinque giorni di consegna. Siccome era mercoledì ci siamo giocati il sabato e la domenica. E bravo Pellegrino,ma io cosa ne potevo? Dovevo urlare “no…nooo…cosa fai?”, darti un pugno, correre dal tenente Leonardi per riferire che mi avevi usato violenza? Ormai la frittata era fatta. Consegnati il sabato e la domenica! Perdiana, e il Mocambo? Il Mocambo ce lo siamo presi in quel posto!