Modena 23 febbraio 1964
(dunque un qualunque giorno invernale)

Stamattina mi son svegliato bene, nonostante la sveglia sia la solita sveglia…
E’ arrivato puntuale il caffè...dovevano inventarlo per noi a Modena se non fosse già stato inventato.
Dal finestrone aperto entra solo il buio e la nebbia. E noi siamo a torso nudo.
Ho fatto un sogno strano, ma bello; sogno raramente qui a Modena e, se pure sogno, non ho tempo per ripensarci; tutto scorre rapidamente, immutabile fra lo studio, le lezioni , lo sport, e poi ancora le lezioni e lo studio.
Non hai tempo per distrarti, ti attendono le interrogazioni, poi gli esami.
che bel sogno….
Ma questa mattina voglio saltare lo studio, qui, in questo immenso locale, in cui noi, più di 300, passiamo il tempo dalle 6.30 alle 8 fra analisi, geometria, armi, tattica….
Sono così giovane; i miei amici del liceo stanno tutti a casa, molti si sono iscritti all’ Università, ma stanno a casa; loro vedono la loro ragazza, chi la ha, non tutti la hanno, quelli che non la hanno la cercano; io la ho, ma è lontana. Loro stanno a casa.
…. che bel sogno che ho fatto….
Io sto qui; la mia ragazza la vedrò fra mesi; i miei genitori li sentirò al telefono fra qualche giorno; ci telefoniamo ogni tanto; sarebbe bello che fosse più facile telefonare, ma costa molto, e già è tanto sentirci ogni tanto; però ci scriviamo, tante lettere, ma le più delle lettere sono per la ragazza.
Io ho 18 anni, lei 16.
no, non ho sognato la mia ragazza
Ma mi sto costruendo il futuro.
Oggi è un giorno qualunque dell’ inverno modenese; io vengo da Napoli, gli anni scorsi spesso marinavo la scuola, la scuola è a Riviera di Chiaia, e da marzo a giugno andavo in barca spesso partendo da via Caracciolo; ma ora è tempo di pensare al futuro…
…ma è ora che comincio a scrivere, non ho molto tempo, alle 8 si va a fare colazione..
…Ho fatto un sogno strano, ma molto bello…
Ho sognato di essere in vacanza, che bello, chissà quando potrà esser vero; perché ho sognato tante cose non fantastiche, solo belle; tutto ciò che di bello posso immaginare per il mio futuro, e tutto potrà realizzarsi, perché mi pare che nulla ho sognato di impossibile; tutto sommato ho sognato di fare una piccola vacanza, in un posto qualunque dell’ Italia, certo al Sud, visto che di nebbia qui ne ho già abbastanza; ed altrimenti che sogno sarebbe, se avessi sognato di stare al Polo Nord? Sarebbe stato un incubo.

Il sogno è certo un po’ confuso, devo metterlo a fuoco.
Ma non è così anche per le cose vere, vissute, che nel tempo perdono i loro contorni precisi, ed assumono nel ricordo contorni sfumati, e resta di un giorno solo un pensiero, un ricordo, un arricchimento, un sentimento, un senso di stupore per l’ immensità della vita, dell’ universo, del futuro, del passato, del nostro destino?

Ho sognato che ero in vacanza, ed eravamo una ventina dei miei compagni di corso qui a Modena, ma c’ erano anche le donne; così va meglio, vorrei tanto che tutto, quello che sogno, fosse vero; ma se qui, anziché più di 300 solo uomini ci fosse anche qualche donna, non sarebbe meglio? Sono sicuro che studierei più volentieri…
..c’ erano anche le donne….
Comincia la descrizione del sogno…

Andavamo in giro in un bellissimo posto; stavamo su un mezzo di trasporto di forma strana, non aveva, come i camion che ci portano quando andiamo a fare i tiri, l’ apertura posteriore, di tela, non aveva i sedili di legno, allineati lungo i bordi del camion…era molto più bello, più comodo, era tutto chiuso, c’ erano fessure da cui entrava l’ aria fresca, c’era qualcuno che addirittura ci descriveva i posti per cui andavamo…
Ci parlava di antiche civiltà che nei millenni si erano avvicendate in quelle regioni, ci parlava di Re e di lotte, ci diceva che tutto era nato dalla Grecia, i cui dialetti modificati dal tempo si erano evoluti in ogni singolo paese di quel lembo di terra e che dopo millenni di storia ancora venivano insegnati a scuola, perché non si perdessero le origini…
Nel frattempo il paesaggio scorreva attorno a noi e, dopo un tratto rettilineo, leggermente monotono, comparve il mare…e su quel mare vidi le barche che portavano uomini, alla ricerca di terre e di avventura, ma soprattutto di terra….si portavano dietro il loro passato, i loro Dei, i loro ricordi…facevano un viaggio sovrumano, con piccole navi nell’ immensità di quel tratto di mare; arrivavano in terre nuove, più o meno abitate, e poi, dopo di loro, sarebbero arrivate altre navi, uomini con cui avrebbero fatto la pace o la guerra, per scrivere la storia dell’ Umanità, di quei posti.
Per far più bello e più pieno e più intenso il nostro viaggio; anche il nostro era un viaggio, la vita è un viaggio.
Un mare sconfinato, costruzioni in pietra fatte come punti di avvistamento per segnalare l arrivo del nemico, del turco, del diverso, di uomini come loro, sotto altre bandiere e con un altro Dio; e vidi l’ urlo delle sentinelle alle vista delle navi nemiche, e vidi uomini che correvano ad avvisare di mettersi in salvo, le frecce, lo sbarco, le spade, le scimitarre, il sangue.
La strada diventava sempre più tortuosa; il mare splendeva sotto un leggero strato di foschia; da una parte il mare infinito, dall’ altro la vegetazione bassa, i fichi d’ India, la terra riarsa, le zolle divise a formare infiniti arabeschi; le dolci colline, i pendii, la natura non selvaggia ma pensierosa, come fosse un immenso gigante che reclinato al suolo avesse pensieri di Dio e sfidasse con una certa superiorità i pensieri piccoli di chi lo avesse guardato e non avrebbe mai compreso i suoi…

Poi siamo arrivati ad una cittadina, un castello, una chiesa, una storia.
Il castello col suo fossato, con la sua pietra piena del sole che gli splende contro quasi sempre, dove il vento pian piano scava nella pietra…
Lì, dall’ alto, si domina il mare….
Il mare è un po’ mosso, lì la terra non ha ripari, il mare blu intenso sfuma a riva sullo smeraldo, come sempre quando si va verso riva e la riva è fatta di scogli.
Barche attraccate ai moli, barche diverse da quelle che ci portarono qui millenni fa.
Ma sempre barche, nell’ eterno abbraccio fra l’ uomo ed il mare.
Ossa, reliquie nelle teche, a ricordo delle lotte fra gli uomini, quando si inventarono un dio che non esiste, un dio spietato, ma quando la diversità era necessaria per creare la storia dell’ Uomo.
E certo sull’ altra sponda del mare ci sono altre teche, dove i fratelli dei morti di qui hanno creato i morti di lì.
Perché nessuno ha mai vinto. Molti hanno perso, anche la vita.

Mi piace, stamattina non studio; ma mi devo sbrigare a continuare a raccontare il sogno…

Siamo risaliti sul camion chiuso e, sempre costeggiando il mare, abbiamo continuato ad andare a Sud…ad un tratto un lembo di terra, un lembo di terra che piatta si stendeva nel mare, senza protezione, così, solo un lembo di terra che pareva volesse arrivare lontano, fino alla terra che stava dall’ altra parte del mare; ci ha detto la giuda che era il punto più ad est di quella terra che noi stavamo visitando; un piccolo lembo di terra, senza vegetazione: una mano della terra, così, sola, addormentata come se di una persona stanca, che allarga il dorso della mano, in riva al mare, per farsi accarezzare dalle onde, quando impetuose e quando più calme, a portare sollievo e fresco a tutto il corpo.
Tutti, in riva al mare, qualche volta ci mettiamo così, là dove non è mare e non è terra: l’ unica differenza è che quella mano è lì, per sempre.
Poi, dopo un tratto di costa, ci siamo fermati, perché in quel tratto di mare la natura aveva creato una congiunzione fra la terra, il mare e le viscere del mare e della terra.
Percorremmo un sentiero, in discesa, per arrivare a livello del mare; poi il sentiero si restringeva e diventava un passaggio fra la montagna ed il mare, lì, proprio sotto.
Un semicerchio di parete rocciosa, a strapiombo sul mare…
Man mano che si percorreva il passaggio, il mare sotto, così vicino, diventava più scuro, più blu, perdendo il verde acceso dal sole per passare al blu del mare profondo quando il sole non riesce ad arrivare, frenato dalle rocce alte a strapiombo sul mare.
Il passaggio allora entrava nella terra.
E fu subito buio, illuminato da torce, accese lì chissà da chi, per guidare i passi…i passi di chi? Pescatori alla ricerca di riparo, fuggiaschi, donne, uomini, bambini, da tantissimi anni…Noi eravamo lì per vacanza, ma c’erano scritte sul muro di fondo a testimonianza di chi aveva utilizzato ciò che la terra conserva nei secoli, le tracce degli animali che popolano quegli antri…pipistrelli, i re delle grotte, dell’ umido, dei luoghi che gli uomini a volte lasciano a chi è meno forte di loro…ma quella grotta è servita anche agli uomini ed i pipistrelli, quasi tutti, sono dovuti andare via…ma troveranno altre grotte, loro che possono volare, e ci vedono nella notte, e dormono sulle pareti verticali..
Una natura incredibile, dove le gocce di acqua che scendono dalla roccia si depositano in parte a terra ed in parte pendono per sempre dalla volta della roccia, creando figure e solidi e geometrie arrotondate, allungate, non esili ma levigate, lasciando uno stretto e tortuoso passaggio solo se ci si inchina un po’, in segno di rispetto.
Vedendo questi spettacoli il pensiero ed il cuore greco si immaginarono gli Inferi.
Perché, prima della fiaccola accesa da Platone ed alimentata successivamente dalle religioni monoteiste, l’ aldilà era visto in maniera triste dall’ anima greca, e ciò spiega l’ immensa dignità e tristezza di quel popolo, e quindi di noi; la discesa agli Inferi è stata descritta in tanti posti e da tanti poeti, ma tutti la collocavano in posti così, dove non arriva la luce, dove ci si spinge nel cuore della terra, spesso in vicinanza del mare, e dove le Anime vagano per sempre nel ricordo del sole, della luce, che si abbandona con la vita. E lì, più oltre di dove siamo noi arrivati, più oltre ma che senso ha dire di quanto, ancora vagano le ombre di Achille ed Ettore, lì ancoraci sono Alessandro e Tiberio…lì od in posti così l’ uomo antico collocava il confine e l’ unione fra il terreno e l’ aldilà; perché anch’io provai un senso di sgomento, di mistero, ma anche di partecipazione e di accettazione del Fato….
Ma quando tornammo alla luce fui felice e mi parve di essere rinato, ma anche ribattezzato essendo stato iniziato ai misteri della terra e delle sue viscere: perché quando si guarda una montagna è come guardare un uomo; un uomo spesso è visto come la superficie, ma ha delle profondità fisiche e di pensiero infinite, e così di profondità fisiche e di pensiero è fatta anche ogni montagna…
Poi abbiamo mangiato, riccamente: una grande cordialità del posto, della gente, dei compagni nel sogno…
.
Si, vabbene, ma perché ho sognato di essere solo con una ventina di compagni di Corso? Guarda quanti sono qui nello sala studio: perché solo venti? Forse perché in un sogno ci sono posti limitati?
Ma torniamo al sogno….sono quasi le 7…fra un’ ora si va a colazione..

Il viaggio ci ha portato in una bella cittadina, e ci si sono aperte le porte di una chiesa, poteva essere un Duomo, una Cattedrale…erano presenti tutti gli stili, Romanico, Gotico, influssi arabi e bizantini…ma soprattutto fui colpito dalla luminosità, dai colori azzurro blu prevalenti, dalla ricchezza anche un po’ ossessiva dei dipinti, che ricoprivano tutto l’ interno; mi sentii come sperduto, non sapendo cosa guardare in particolare; ma, in basso, vidi la figura di un frate, con gli occhi tristi ma più che tristi pensierosi, e mi ha ricordato la pittura di Giotto, nello stile rotondo dei volti, nell’ immancabile aureola, nel misticismo classico dell’ uomo di fede di quel tempo; quante certezze avevano allora, quanto la Santità era schematizzata, pietrificata, immobile; quanta differenza con l’ immagine che noi, oggi, abbiamo della Santità che è più complessa della semplicità francescana…
Il viaggio di ritorno, in albergo….
La sera, dopo cena, ho avuto un momento, regalato da uno di noi, di completa armonia e serenità, mentre le note del pianoforte volavano nella hall e cullavano la stanchezza del giorno; e mi è venuto in mente un dipinto, che raffigura Chopin circondato da donne in estasi, tutte ai suoi piedi…..così era, il clima era quello, certo il pianista non era esattamente vestito come Chopin, né ne aveva le sembianze, pareva un po’ meno sognante, un po’ più rotondo, un po’ più adeguato a noi, salvo nell’ espressione del volto, che esprimeva un sentimento profondo, l’ estasi del compositore/interprete che comunque riesce a venire alla luce dopo un “lungo” percorso all’ interno…

A questo punto della descrizione del sogno, sono le 7.30, mi viene in mente che c’è stata una interruzione nel sogno; come se avessi dormito, difatti il sogno prosegue che sto facendo colazione, ed è giorno, un giorno radioso, la luce si posa su ogni oggetto, ed all’ esterno dell’ albergo ci accoglie il vento, la luce, il sole, il sole del Sud…

Ci siamo messi degli oggetti strani nelle orecchie, un oggetto strano in tasca, un filo che li collega, ma dentro l’ oggetto nell’ orecchio si sente la voce della guida, che ci racconta, a tutti ed a distanza, quello che stiamo vedendo….

Le mura, mura di sasso giallo, non alte, ma lunghe, che arrivano fino ad un obelisco, un giardino, una grande porta, e poi un borgo a dimensioni umane, accogliente, caldo, da cui partono strade non strette né larghe, ma dimensionate per l’ altezza dei bassi palazzi che la costeggiano…
E’ tutto stile Barocco, non ho mai visto tanto Barocco nello stesso posto; deve essere un posto la cui l’ Arte è principalmente stata espressa nell’ epoca barocca; tutto parla di barocco e di spagnolo; affacciate ai davanzali a petto d’ oca, a protezione delle grazie delle donne affacciate, vedo splendide fanciulle, vedo drappi ad ornamento, vedo la nobiltà locale e quella dei dominatori spagnoli affacciata a guardare il passaggio di carrozze, di guerrieri, di popolani, con il distacco fra le classi espresso dai mostri a fare da capitelli, per esorcizzare la Morte e l’ assalto delle classi umili….perchè le classi umili ci sono sempre state, a costruire i palazzi dei nobili; ma allora la differenza di classe era più accettata, secondo la mentalità indiana dei ceti, del diritto del Fato ad assegnare a ciascuno il posto più opportuno ed immutabile, perché così vuole la volontà degli dei…

Poi, all’ improvviso, una grande piazza, ornata in ogni lato, il sole accecante a trarre riflessi dorati dalla pietra già gialla, un campanile sulla sinistra, una facciata di fronte con un Santo che guarda dall’ alto, qualche gradino, una ricchezza di ornamenti e di rifiniture, un desiderio dell’ Architetto di stupire, di ammonire, di prospettare il Giudizio finale, di ricordare all’ uomo il suo destino e la necessità di obbedire all’ ortodossia della religione; la religione non si discute, si abbraccia, e ci si mette nelle mani di chi la regge; Uomo, ti conviene far così, altrimenti è peggio, già in questa vita, ma soprattutto nella prossima.
Tale è il Barocco, caldo e protettivo, ma anche ossessivo nel riproporsi, da un particolare all’ altro, nella ricchezza e nella maestosità.
L’ interno è un po’ scuro all’ inizio, ma man mano che ci si abitua i particolari vengono alla luce…..
La dominazione spagnola e la sua profondissima religiosità ed ortodossia sopravvenne a quella aragonese, e fiorì il Barocco, l’ Arte si impose nella sicurezza conquistata dal mondo occidentale dopo la battaglia di Lepanto, si adeguò al materiale disponibile, la pietra leccese, un calcare tenero e compatto dai toni caldi e dorati adatto alla lavorazione con lo scalpellino, che permette una possibilità di ricchezza e produttività di forme impossibile con altre pietre: dunque un’ Arte che coniugava il materiale disponibile con l’ esigenza della fantasia e dell’ insegnamento, con il condimento della necessità originaria greca e bizantina e spagnola al momento di esprimere i sentimenti in maniera vasta, ricca, un po’ prolissa, un po’ dispersiva, ma di effetto d’ insieme.

Straordinario il Barocco, ma soprattutto il senso di caldo, di tepore, di protezione, di sicurezza che infonde, ma probabilmente meno adatto alle riflessioni profonde espresse dal Gotico, dalla classica serenità del Romanico, dalla ricerca della perfezione interiore espressa dal periodo rinascimentale…

Ma quanto tempo doveva ancora passare, fino ad arrivare al surrealismo, agli stili di oggi che cercano di dipingere o rappresentare con l’ Arte non la realtà oggettiva, ma quella soggettiva prodotta dai sogni e dall’ inconscio, espressa in maniera sintetica perfettamente da Chagall…
Ma siamo ancora nel mondo estroverso del 600, 700…dovevano venire rivoluzioni, guerre di portata non confrontabile come mezzi di distruzione e vastità geografica per far ripiegare l’ uomo su sé stesso, e scoprire l’ inconscio e l’ interno smisurato dell’ uomo, e rappresentare più ciò che proviene da dentro che ciò che si coglie fuori.
Ma il Barocco è il trionfo dell’ oggettivo, della regola, dell’ ordine, dello stupore, delle meraviglie della natura, perché non poteva svilupparsi se non sotto il sole del Sud, con i mezzi del Sud, per gli animi di allora del Sud.
Una tappa evolutiva, un riferimento assoluto di come l’ Arte si evolve, e va valutata come modalità espressiva per il mondo ed i tempi in cui è nata e si è sviluppata.
Certo, oggi, nessuno si esprimerebbe in Barocco.


A questo punto il sogno un po’ si è interrotto, come una pausa, mi ricordo solo dei miei compagni che parlavano di organizzazione, di progetti, di regole, di statuti; io mi sono sentito coinvolto, ma non sapevo tutte le cose di cui parlavano, come se per un po’ li avessi persi di vista, ed ho cercato di capire quello che dicevano.
Ho capito solo che avevano fatto cose anche per me, che avevano dedicato del tempo a tutti i 300 del corso, che si preoccupavano che l’ amicizia venisse coltivata anche per un futuro lontano…
Li ho sentiti anche discutere con la giusta animosità di chi ci tiene a fare, che si accalora sui sentimenti e nel giusto confronto che deve esserci per costruire….
E poi ricordo che c’è stato un appello, di compagni di Corso che non c’erano e per cui noi rispondevamo “Presente”….
Chissà perché non erano presenti…forse erano andati lontano, in cerca di altre avventure, forse di altre Accademie…..

Ma poi il sogno è diventato piacevolissimo, la parte più piacevole del sogno, in termini di divertimento, e non di visita a luoghi di natura e di Arte….

Eravamo tutti vestiti bene, donne ed uomini, e c’era un complesso che suonava e ballava…
Una musica ritmica, popolare, espressione della vita quotidiana, che riprende anche i comportamenti di chi ha subito un trauma psicofisico, e si muove in maniera frenetica, ma con una grazia incomparabile…..
C’ era una fanciulla che ballava, giovane, al suono di strumenti a percussione, fisarmonica, accompagnato da un canto bello, con parole che non si capivano ma erano sicuramente di un dialetto del Sud…..
Poi, mentre la fanciulla ballava, si sono alzati alcuni miei compagni, a turno….


Ha cominciato uno che mi sembrava come qui, mentre lo vedo seduto al suo banco a studiare….ma gli ho visto qualche ruga nel volto, ma l’ aspetto in sogno era come lo vedo adesso…. Bravo ragazzo, bel ragazzo, e molto in gamba; perfetto per la nostra vita militare; secondo me farà carriera… ma torniamo al sogno..

Ma, ora che mi ricordo, ieri di lui ho notato un particolare, mentre andavamo in giro nel pomeriggio…quale era questo particolare?
……forse era nel modo in cui era vestito….ma non in tutto….deve essere stato solo un particolare….
…….ecco, ci sono….le scarpe…..che colore ardito avevano le scarpe….ma perché aveva messo quelle scarpe, di colore così inusuale? ..era un colore chiaro, ma non era giallo, non era azzurro, non era rosso, non era fucsia, non era alcun colore identificabile come colore conosciuto…un po’ di rosa, condito di riflessi marroni, di color prugna, e potremmo nominare tutti i frutti senza identificazione certa del colore….
Ma perché un colore così?....ecco ci sono…siamo o non siamo nel cuore del Barocco?

Intonato ad un ambiente fatto di stupore, di particolari, e, nel caso specifico, di coraggio….un po’ della volontà di stupire in maniera Artistica: perfetto, risultato raggiunto.

Ma, quando si è alzato per ballare con la fanciulla il mio compagno che ieri aveva suonato al piano, si è fatto silenzio, poi man mano un brusio, poi risate, poi stupore, poi gli applausi frenetici che scaturiscono solo dal riconoscimento di essere in presenza dell’ Arte.

Chopin al ballo; la stessa comprensione dei ritmi, della musica; la percezione della musica nell’ intimo che riesce a rendere aggraziati i movimenti espressi da un ballerino non certo dotato come Nureyev, ma l’ Arte è nell’ Anima.
Il corteggiamento (a me non sembrava finzione, ma realtà) secondo le regole del ballo, per cui la donna invitava e si ritraeva, per cui si mostrava e si velava, nel gioco di sempre del ballo e del suo significato profondo…..
Ma Chopin assecondava molto quando la fanciulla invitava, e si ritraeva poco quando la fanciulla si ritraeva.
Giacca a terra, come alcova immaginaria, cravatta che cercava di legare, lotta con altri per il predominio, e poi, seduto, appoggiato al palco, a rimirare in estasi il mito della bellezza, della grazia, della danza…come se dal Monte Elicona tutte le Muse si fossero trasferite lì da noi, e nel suo sguardo estasiato Chopin rappresentasse la parte di Apollo…..
Lo sguardo estasiato dietro le lenti, gli occhiali appannati, gli occhi rotondi e sporgenti, la lingua che faceva capolino un pizzico fra le labbra…
Un bambino, felice, che pensa alla marmellata.
Non ho, nel mio piccolo, parole per descrivere in maniera adeguata…mi ricorda Dante nel suo immenso, quando si ritenne inadeguato ad esprimere cose a Lui superiori (….A l’ alta fantasia qui mancò possa……).

Poi nel sogno è passata un’ altra notte, lo capisco dal fatto che è di nuovo giorno…

Ricordo abbracci, un po’ di malinconia, perché io ed i miei compagni ci stavamo salutando…ognuno riandava per la sua strada, ognuno tornando alla vita quotidiana….

L’ ultimo ricordo significativo è di Chopin che raccontava a qualcuno di noi la barzelletta della Maddalena furente che rincorre Gesù…


Ho finito la descrizione del sogno.. sono le 8…ora c’è la colazione, e poi tante, tante ore di lezioni, di sport, di studio…ed è subito sera, domani un altro giorno così: ma quando mi farò una vacanza come quella che ho sognato?

Roma 4 ottobre 2011

Prima di tutto, dato che ho parlato di una barzelletta a fine del sogno, se volete rivolgetevi a Pippi per farvela raccontare, ma non per iscritto (lo avrei potuto fare anch’ io) ma almeno al telefono, perché la voce è un grandissimo valore aggiunto.

Così, è finita la descrizione di un sogno immaginario, perché ho provato a vedere il soggiorno nel Salento con gli occhi di quando avevo 18 anni…
In effetti non la ho guardata con gli occhi di allora; ma immaginare di guardarla con gli occhi di allora mi ha costretto a ricordare, a rispolverare i ricordi sepolti, ma non per sempre, nella mia memoria.
E mi ha permesso di descrivere i luoghi visitati con il filtro del tempo, dal quale restano non i nomi, che passano presto, ma solo i sentimenti.

Così, semplicemente, posso dire di aver passato una gradevolissima vacanza, più che vacanza (oramai tutta la vita è sempre e per fortuna vacanza) un periodo di incontro, di piacevoli visite ma soprattutto di confronto, fra me come sono e me come ero, con l’ importantissimo contributo di altri che come me, partiti dallo stesso punto, hanno percorso vie diverse: per ritrovarci tutti allo stesso punto, quello di oggi.

Un punto che è un passaggio, fra il passato ed il futuro, che fortunatamente per noi c’è, e per qualcuno che era con noi allora non c’è: dunque a Loro il più caro pensiero.

Ma tornando a noi, a quelli che erano nel Salento ed a quelli che non c’erano, certo siamo in un periodo determinante dell’ esistenza.

Gli anni sono tutti importanti, ma ora lo sono di più.

Perché siamo “liberi”; liberi dagli impegni stringenti della giovinezza, liberi dagli impegni del lavoro e della famiglia (se non per motivi oggi facoltativi, perché altro è crescere un figlio ed altro è portare a spasso un nipote, per piacere e non per necessità).

Poi perché la libertà ci costringe a decidere come impiegare il tempo.

Poi perché la nostra cultura, ed è il motivo per cui eravamo a Modena da giovani, ci identifica come persone che mediamente più degli altri hanno sentimenti, ideali, responsabilità, necessità di rispetto per noi stessi e per gli altri.

Perché abbiamo, senza arroganza, più spiccato il senso di appartenenza e di solidarietà, quella vera, quella che permette di salire qualche centimetro al di sopra del suolo e quindi di guardare la Terra, l’ Universo, La Storia, il Passato, il Futuro, l’ Anima in maniera più profonda.
E’ una responsabilità a cui non potremo mai sottrarci, perché è nel nostro Dna e la vita che abbiamo condotto partendo da Modena la ha alimentata.
Pur liberi, sentiamo di avere dei doveri; verso di noi, la nostra famiglia che intanto è più numerosa, verso la Società, la Nazione, che oramai è il Mondo.

Ma allora siamo arrivati ad un punto molto avanzato (non come anni) di maturità della nostra vita in coincidenza con quella dell’ Uomo nella sua Storia; la nostra maturità è la maturità dell’ Uomo di oggi; crollati i Miti e spesso le ombre che ad essi erano legate guardiamo con occhio limpido al futuro;
a quel futuro che per l’ Uomo e per noi è soprattutto nella ricerca di una interiorità da scoprire, da domare, da alimentare, da sviluppare, da indagare che nella esteriorità dell’ immagine, dell’ apparenza, del transitorio, dell’ imposto.

Perché questa è l’ unica via che a noi in futuro e così all’ Umanità permetterà di essere non dico felici ma sicuramente sereni e con una vita degna di essere vissuta.

Per concludere, uomini aperti ed universali, e due citazioni finali

1)“Sono Uomo, e niente di ciò che è umano ritengo a me estraneo”
“Homo sum et nihil umani puto a me alienum”
2)“Tutto ciò che ho, lo porto con me”
“Omnia mea mecum fero”

Un caro abbraccio a tutti, soprattutto alle vostre consorti….
Lucio